Lo stampaggio ad iniezione plastica è davvero la tecnologia più economica per i tuoi componenti?

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La pressofusione della zama e l’iniezione plastica presentano importanti differenze dal punto di vista qualitativo, come abbiamo già discusso nel post Scegli la zama anziché la plastica per migliorare la qualità dimensionale e percepita dei tuoi componenti.

Ovviamente, trattandosi di due materiali così diversi tra di loro, anche la lavorabilità assumerà sfumature differenti e sarà più vantaggiosa in un caso o nell’altro, a seconda del progetto che devi realizzare.
(Se vuoi capire meglio quando preferire una materia prima piuttosto che l’altra, leggi anche il post: “È meglio la zama o la plastica per i tuoi componenti in serie?”).

Confrontiamo allora i vantaggi offerti dalla zama, in termini di risultato e costi di produzione, rispetto a quelli raggiungibili con la plastica ad iniezione.

Velocità di produzione 

Il processo di fabbricazione per gli articoli in leghe di zinco è molto più rapido rispetto allo stampaggio a iniezione dei materiali plastici. 
Perciò, se decidi di realizzare i tuoi componenti in zama, sappi che avrai l’enorme vantaggio di ottenere un maggior numero di pezzi a parità di tempo, riducendo così i costi di produzione.

A seconda delle dimensioni del getto, infatti, la zama permette di raggiungere anche velocità doppie in confronto alla plastica. 

Il motivo è strettamente correlato al discorso della dissipazione termica

La zama viene in realtà stampata con temperature decisamente maggiori, rispetto a quelle richieste per la fusione e iniezione di materie plastiche: tipicamente 420 °C contro 200°C. 
Eppure la grossa capacità di dissipazione termica delle leghe di zinco fa si che il metallo fuso perda calore decisamente prima della plastica, accelerando quindi il raffreddamento e permettendo cadenze produttive più elevate. 

Facilità di assemblaggio

L’assemblaggio può risultare più vantaggioso con l’uno o con l’altro materiale a seconda del progetto che vuoi realizzare.

Infatti, se consideriamo gli incastri a scatto, questi sono il pezzo forte della plastica ad iniezione, grazie all’elevata elasticità del materiale.

Se invece il tuo progetto prevede dei collegamenti filettati, allora ti converrà scegliere di gran lunga la zama.

Infatti, i collegamenti filettati più comuni sono quasi impossibili da realizzare con un materiale plastico, se non mediante l’ utilizzo di particolari inserti – solitamente in ottone – da co-stampare all’ interno del pezzo.
Si tratta, però, di un processo che comporta un aumento dei costi per lo stampaggio a iniezione, per due motivi:

  1. È necessario aggiungere uno o più componenti.
  2. Il ciclo di stampaggio della plastica ad iniezione diventa semiautomatico.
    Questo perché il posizionamento degli inserti deve avvenire manualmente, a meno che non si voglia investire in costose automazioni.
    Di conseguenza, si dilata notevolmente la durata di ciascun ciclo ed è difficile garantire una tempistica costante, in quanto i singoli passaggi sono vincolati alla manualità più o meno regolare dell’operatore.
    In parallelo, vanno ad aumentare anche i problemi di sicurezza, sia per il lavoratore che per lo stampo.
    Nel primo caso, bisogna essere certi che vengano attuate tutte le norme di sicurezza previste. Nel secondo, è importante verificare che l’ inserto venga posizionato correttamente all’interno dello stampo e resti nella sua posizione durante la chiusura dello stesso. Altrimenti lo stampo si potrebbe danneggiare causando un’ulteriore costo aggiunto.

Anche la zama necessita di un accorgimento in più per le maschiature, poiché vanno fatte di ripresa e questo genera inevitabilmente una spesa. Ma è ovvio che il prezzo della sola ripresa è sicuramente inferiore a quello richiesto per l’accoppiata inserto + co-stampaggio.
Inoltre, in questo caso, lo stampaggio avviene in automatico e ciò è già sufficiente per parlare di risparmio.

Ricordiamo infine che, per alcuni oggetti in plastica, si riescono ad ottenere le maschiature direttamente sullo stampo
Perché questo sia possibile viene richiesto l’utilizzo di stampi con sistemi “a svitamento”. 
Ovviamente tutto ciò ha senso solo se:

  • le dimensioni del filetto sono sufficientemente grandi ;
  • la produzione richiesta è molto elevata.

Questo per ammortizzare la spesa per lo stampo che, essendo dotato di un sistema di svitamento, è decisamente più costoso di quello tradizionale. 

Ma non è tutto: il ciclo di stampaggio a iniezione, in questo caso, risulta anche più lento.
Quindi, come vedi, è fattibile ma non è molto conveniente, a causa dei numerosi limiti imposti.

La tecnica di produzione alternativa che abbiamo appena visto non ha proprio senso, invece, nel caso della zama. 
In passato, confesso, ho provato anch’io a metterla in pratica, ma alla fine ho tratto le mie conclusioni: non ne valeva la pena, le ore di lavoro perse e la spesa finale richiesta non la rendevano una tecnica competitiva.
Infatti, lo stampo decisamente più complesso e il ciclo più lento portano a lievitare i costi rispetto ad una classica ripresa di post-lavorazione, che risulta essere, perciò, la tecnica più vantaggiosa.

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Pezzi stampati con forma definitiva

In questo caso possiamo dire che non c’è un materiale più vantaggioso dell’altro, ma sussiste una situazione di parità. 

Se osservi uno stampo per la pressofusione della zama e uno per l’ iniezione plastica, noterai subito che si assomigliano davvero molto. 
Ovviamente bisogna dire che anche se paragoniamo la spesa necessaria per uno stampo standard è del tutto similare in entrambe le produzioni (diverso è il caso degli stampi più complessi con iniezione a camera calda della plastica – che sono privi di materozza – decisamente più costosi).

Comunque, proprio per la somiglianza tra le forme utilizzate, possiamo dire che la libertà progettuale realizzabile con entrambi i materiali ed i relativi stampi è comunque elevata.

Lavorabilità alle macchine utensili

Per quanto riguarda la ripresa alle macchine utensili, questa risulta limitata con l’utilizzo di entrambi i materiali.

Nel caso della zama, il risultato ottenibile è ottimale.
Si adopera però in rari casi, con l’unico scopo di aumentare ulteriormente la precisione di parti molto dettagliate o per la costruzione di prototipi. 

Per la plastica ad iniezione, invece, non è proprio fattibile. 

La ripresa alle macchine utensili può essere parzialmente possibile su plastiche più dure e secche, mentre, al contrario, non si può certamente fare con materiali morbidi e gommosi. 
In ogni caso, questa lavorazione non ha senso, se non con lo scopo di modificare una parte dei pezzi che non si è riuscita ad ottenere dallo stampaggio ad iniezione, per qualche specifica ragione. 

È da dire che esistono anche delle plastiche in lastra, lavorabili alle macchine utensili. 
Queste si utilizzano quando è sufficiente una piccola quantità di pezzi e non conviene di certo costruire lo stampo. 
Si tratta, però, di componenti che comunque non verrebbero realizzati in zama, quindi non ha senso fare un confronto diretto con le leghe di zinco.
Inoltre ormai, gli oggetti di piccole dimensioni vengono ottenuti con le stampanti 3D. E per questo, la lavorazione dal pieno della plastica sta scomparendo: o si ottiene il componente con la stampa 3D o si ottiene da stampo ad iniezione.

Bassa usura degli stampi

Se parliamo di stampi, fare un confronto preciso tra attrezzature diverse per materiali differenti non è molto semplice: gli investimenti necessari per la loro costruzione dipendono molto da come verrà configurata la forma e dalla complessità del progetto.

Possiamo dire che, in generale, gli stampi per la produzione della zama pressofusa e per l’iniezione plastica offrono una durata nel tempo notevole

Il range di intervallo della vita media per uno stampo da pressofusione in zama è di 750.000 – 2.000.000 di cicli.

Lo stampaggio ad iniezione di materie plastiche propone invece una durata media delle sue forme compresa tra 250.000 – 3.000.000 di cicli. 

In realtà, per fare una stima più corretta, è importante capire bene nello specifico caso:

  • quali materiali si andranno ad utilizzare per lo stampo;
  • quale materia prima andrai a scegliere (esistono diverse leghe di zinco e moltissimi materiali plastici che differiscono tra di loro); 
  • come dovranno essere strutturati gli stampi che ti servono. 

In generale, comunque, la durata media di uno stampo è notevole per entrambi i materiali. Infatti, gli acciai dello stampo non vengono stressati termicamente, sia nel caso della zama pressofusa che dell’iniezione plastica.
L’importante, in entrambi i casi, è che i canali di colata siano correttamente dimensionati.

Il vero problema si presenta nel momento in cui decidi di utilizzare delle “plastiche caricate a vetro”.

Se non ne hai mai sentito parlare, sappi che si tratta di un materiale altamente abrasivo, impiegato in tutte le situazioni nelle quali si sceglie di utilizzare la plastica miscelata in percentuali variabili, con fibre di vetro. 
Questo compromesso viene adottato nel tentativo di conferire alle materie plastiche delle caratteristiche fisico-meccaniche che normalmente non possiedono.

Io sconsiglio questo genere di materiali: le fibre di vetro sono abrasive e usurano precocemente lo stampo, anche se lo fai costruire in acciaio temprato. 
Secondo me, se alla bassa qualità percepita della plastica devi aggiungere la rigidità del vetro e rovinare per giunta lo stampo, a quel punto ti conviene di gran lunga scegliere come materia prima un metallo.

Per farti comprendere meglio l’effetto che una sostanza plastica caricata a vetro potrebbe esercitare sul tuo stampo, prova ad immaginare il risultato che otterresti grattando della carta vetrata su un pezzo in acciaio. Dopo le prime passate potrebbe sembrarti di lucidare il pezzo e basta, senza renderti conto che in realtà stai asportando una piccola parte del metallo ad ogni passaggio. Continuando così per giorni e giorni, potresti restare stupito dell’effetto ottenuto: la carta vetrata va a creare “un buco” sull’acciaio.

La stessa cosa succede negli stampi all’interno dei quali utilizzi del materiale caricato a vetro. 

Caso estremo è quando oltre a questo materiale scadente, utilizzi uno stampo di bassa qualità. 

Spero poi che nessuno lo faccia ancora, ma in passato alcuni stampisti – per risparmiare al massimo sul materiale – erano soliti costruire le figure della forma direttamente sul porta stampo, che nelle migliori delle ipotesi era di materiale bonificato e quindi caratterizzato da una durezza molto bassa.
Lo stampo diventava senz’altro più economico, ma ben poco longevo. 
Alla fine, nel lungo periodo, questa soluzione non solo si rivelava più costosa, ma presentava anche problemi di qualità per il prodotto finale. 
Problemi che peggioravano se come materia prima era stata scelta la plastica caricata a vetro: un vero disastro.

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